In una tra le molte belle canzoni di Ivano Fossati (Il pilota), a un certo punto si dice:
con la nebbia di Milano
che gli morsica il culo per allegria
I. Fossati, Il pilota
L’immagine della nebbia come persona o animale aggressivo, che morsica il culo al velivolo, a prima vista sembrerebbe controintuitiva – la nebbia viene più prontamente associata a qualcosa di tenue, diffuso ed evanescente. Può darsi però, per riprendere Michael Riffaterre, che agiscano intertesti letterari in cui la nebbia è presentata in modo simile – sarà allora la memoria letteraria piuttosto che la plausibilità esperenziale a giustificare l’immagine. I due intertesti che conosco sono i seguenti, da T. S. Eliot e da Charles Dickens:
The yellow fog that rubs its back upon the window-panes
The yellow smoke that rubs its muzzle on the window-panes
Licked its tongue into the corners of the evening
Lingered upon the pools that stand in drains
T. S. Eliot, The Love Song of J. Alfred Prufrock
Fog cruelly pinching the toes and fingers of his shivering little ‘prentice boy on deck’
C. Dickens, Bleak House
La nebbia in Prufrock è probabilmente un cane (‘back’, ‘muzzle’, ‘licked its tongue’). Quella di Dickens non è per forza un animale, ma è comunque un agente malevolo, e pare un intertesto più vicino alla canzone di Fossati: se lì la nebbia morsicava il culo (del velivolo?), in Dickens pizzica le dita del ragazzo.
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